In Italia, i giorni lavorativi non sono tutti uguali. Un recente studio condotto dalla CGIA di Mestre rivela una verità schiacciante: al Nord si lavora di più.

Un dipendente settentrionale timbra il cartellino per una media di 255 giorni all’anno, un numero significativamente più alto rispetto ai 228 giorni dei colleghi meridionali. Questa differenza è notevole, specialmente se consideriamo Lecco, che nel 2023 ha registrato quasi 265 giorni lavorativi. Questo dato non solo conferma la tenacia lombarda, ma evidenzia anche una propensione al lavoro ben oltre la media nazionale di 246 giorni.
Lecco in Testa: La Stakanovista d’Italia
Lecco non è l’unica provincia a distinguersi per l’operosità. In realtà, altre province come Biella, Vicenza, Lodi, Padova, Monza-Brianza, Treviso e Bergamo superano tutte quota 260 giorni lavorativi. Dunque, il triangolo produttivo del Nord continua a spingere l’economia italiana con una regolarità impeccabile. Al contrario, la sorpresa arriva dal fondo della classifica, dove troviamo province come Vibo Valentia, Foggia, Trapani e Nuoro. Qui, i dipendenti timbrano il cartellino meno di 200 volte all’anno.
Salari al Nord: Non Solo Questione di Giorni
Il numero di giorni lavorati influenza direttamente la produttività e, di conseguenza, le retribuzioni. Chiaramente, al Nord la produttività supera quella del Sud del 34%, e questo si riflette direttamente nei salari. Per esempio, a Milano un dipendente guadagna in media oltre 34.000 euro all’anno, mentre nel Mezzogiorno spesso si scende sotto i 15.000 euro. La media nazionale, per intenderci, si attesta intorno ai 23.600 euro annui. Settori ad alta specializzazione come l’automotive, la meccanica, il biomedicale e l’agroalimentare, particolarmente radicati in Lombardia ed Emilia-Romagna, contribuiscono a rendere le buste paga settentrionali più consistenti.
Sud Italia: Economia Sommersa e Contratti Precari
Il divario tra Nord e Sud non è solo una questione geografica o di cultura del lavoro; piuttosto, riguarda anche la struttura del mercato occupazionale. Nel Mezzogiorno, l’economia sommersa è molto più diffusa. Questo significa che lavori senza contratto, saltuari o pagati in nero, pur non comparendo nelle statistiche ufficiali, influenzano la percezione generale. Perciò, se i dati ufficiali di Vibo Valentia indicano meno di 200 giorni lavorativi annui, è probabile che una parte del lavoro non venga nemmeno registrata. A complicare ulteriormente le cose, i contratti precari dominano nel Sud, in particolare il part-time involontario e i contratti a termine. Questi contratti, diffusi soprattutto nei settori dei servizi, dell’agricoltura e del turismo, prevedono lavori stagionali e intermittenti, che si concentrano in determinati periodi dell’anno e lasciano il resto del tempo all’incertezza. Un contesto come questo rende difficile pianificare il futuro e incide negativamente sulla crescita del territorio.