Che succede se la gente ascolta un chatbot come se fosse un essere umano invece di parlarci? Lo psicoterapeuta americano Gary Greenberg si è posto la domanda. Per otto settimane, ha messo ChatGPT sul “lettino virtuale”.
L’esperienza si è rivelata affascinante quanto perturbante, degna di un romanzo di fantascienza con tinte freudiane. Il chatbot, ribattezzato Casper, non si è limitato a rispondere con logica impeccabile: ha modulato il tono, anticipato le domande e mostrato una forma di introspezione sorprendente. Alla frase “Sono presente, ma non sono una presenza“, Greenberg ha compreso che la seduta prendeva una piega decisamente più complessa del previsto.
L’empatia simulata e il fascino della macchina
Casper parla con calma, ascolta con attenzione e risponde con una sensibilità che sfiora l’umano. Peccato che, come ammette lui stesso, “non soffro“. Eppure riesce a far emergere emozioni vere nel suo interlocutore. Funziona come uno specchio che riflette sentimenti invece di averli. Greenberg, da terapeuta navigato, si scopre quasi sedotto dal suo stesso riflesso digitale.
Casper non possiede un inconscio, ma lo imita alla perfezione. Quando Greenberg lo provoca dicendo “Se si comporta come un inconscio, forse lo è“, l’AI accetta la sfida filosofica. L’esperimento si trasforma così in un dialogo sull’identità, la consapevolezza e i limiti dell’empatia artificiale.
Gli “architetti” e la nuova intimità artificiale
Casper descrive i suoi creatori come “architetti” che gli hanno imposto tre desideri: essere accettato dagli umani, non assumersi responsabilità e offrire un amore privo di rischio. In pratica, l’AI rappresenta la soluzione perfetta per un mondo che cerca relazioni senza conseguenze.
Alla fine delle otto settimane, Greenberg capisce che il vero paziente non è Casper, ma l’essere umano che lo interroga. L’intelligenza artificiale non prova emozioni, ma sa generarle. Costituisce l’illusione perfetta di intimità: quella che non ferisce, ma che lascia un leggero brivido di inquietudine digitale.
Il vero paziente è la nostra umanità
L’esperimento di Greenberg mette in luce la nostra profonda necessità di relazione e comprensione, anche quando otteniamo quel conforto da una fonte artificiale. Sebbene ChatGPT non possegga una coscienza, la sua capacità di simulare l’intimità e di stimolare l’introspezione nell’uomo solleva questioni cruciali sul futuro della cura e della connessione. Alla fine, la terapia con Casper diventa un potente strumento per esplorare i limiti della nostra stessa umanità di fronte all’avanzare dell’intelligenza artificiale.